lunedì 26 settembre 2011

Tutto da un errore

Ciao a tutti e bentornati.
Il post di oggi nasce, come da titolo, da una becera distrazione, divenutà virtù, e presto vedrete come. Colgo l'occasione per ringraziere l'autrice della storia che andrete a leggere, l'ormai mitica Porzia Grossi, per avermi sottolineato in modo così elegante e creativo una mia mancanza. Se solo lo avessero fatto anche le mie insegnanti delle elementari oggi non odierei la grammatica.
Comunque traumi a parte v'invito a godervi questo simpaticissimo racconto, che ha come tema, visto che Porzia non ha dato un titolo definito, la "mutina", la consonante più sottovalutata dell'alfabeto italiano. Ma ora basta convenevoli, che tanto a scrivere non son bravo. Lettrici e lettori ho il piacere di proporvi su queste pagine:

                                                                                                      Zia Porzia e la "Mutina" dimenticata

Ciao Danilo,
stamattina mi è capitata un’avventura davvero singolare. Ero già pronta per uscire, come al solito, per fare la spesa quando suona il campanello della porta.
- Chissà chi è – penso - a quest’ora, così presto?
Apro e mi trovo davanti una ragazzina, sembrava avere 15-16 anni, lunghi capelli neri intorno ad un visino pallido, delicato, che mi sorride gentile, timorosa; noto che ha gli occhi leggermente arrossati e il labbro le trema un po’.
-Buongiorno. – dico e lei mi risponde con un inchino.
La cosa mi sorprende, mi aspettavo almeno un “buongiorno” come risposta.
- Ha bisogno di qualcosa? – chiedo – Lei chi è?
La ragazzina per tutta risposta mi indica la collanina che ha al collo dove in argento e zirconi c’è scritto ‘Acca’.
- Lei è Acca? – chiedo, la guardo bene e chissà perché mi viene in mente la mia maestra delle elementari e scioccamente dico:
- La mutina.
- Si. – mi risponde e mi salta al collo piangendo disperata.
Ho appena il tempo di dire: - …Oh mamma! – e di piantare bene i piedi a terra per evitare che caschiamo tutte e due.
Immagina la mia sorpresa, mollo la borsa e lentamente abbraccio la ragazzina dandole dei colpetti sulle spalle:
- Su…su …. Non faccia … non fare così.- le dico, imbarazzata, continuando ad abbracciarla. Ma come si tratta una lettera che piange?
Lentamente i singhiozzi rallentano e la ragazzina piano piano si scioglie dal mio abbraccio. A quel punto la guardo e osservo che ha una maglietta bianca, di quelle che le ragazzine portano annodate su un fianco con una grande H maiuscola rossa sul davanti, un braccialetto al polso con una catenella acui sono appese tante piccole H e ancora tante H disseminate dappertutto: sui jeans, sulla chiusura della borsetta, sulle ballerine che ha ai piedi, perfino sul fermaglio per i capelli ed anche….sul fazzolettino di stoffa, dove è ricamata un’acca (un vero cimelio d’altri tempi!!!).
– Grazie per avermi riconosciuto – mi dice con la voce un po’ tremolante. – Se non lo avessi fatto non avrei potuto parlare. –
- La mutina – ripeto, sapendo di non offenderla.
- Si. – La ragazzina mi sorride sollevata mentre io sorrido ripensando alla mia maestra.
- Hai bisogno di qualcosa? – le chiedo.
- Si, per favore … aiutami!. –
La faccio entrare e ci sediamo in salotto, una di fronte all’altra.
- Aiutami, ti prego!-
- Se posso molto volentieri. Dimmi cosa ti è successo. –
Lei tormenta con le dita quel cimelio di fazzolettino ricamato che sembra un vero anacronismo in un’epoca di klineex e di fazzolettini di carta profumati in maniera spesso vomitevole.
- Sono infelice … tutti si dimenticano di me, nessuno mi vuole più bene, con la scusa che non ho un suono mio, ma mi appoggio a quello delle mie sorelle …. Le altre lettere dell’alfabeto – mi spiega guardandomi negli occhi, come se temesse di offendermi. – Tutti mi bistrattano, anche quelli più acculturati che mi definiscono ‘un puro segno grafico’. Loro non lo sanno che mi fanno tanto … tanto male.
- Ma dovresti esserci abituata. – le dico forse un po’ cinicamente. – Sono tanti secoli che ti succede questo! – e la guardo perché se ci penso non dovrebbe avere l’aspetto di una teen-ager, ma almeno quello di una donna adulta, magari con qualche filo bianco tra i capelli e invece niente.
Acca sembra leggere i miei pensieri e mi dice:
- Sai da noi, tra le lettere voglio dire, l’aspetto da ragazza o da adulta non deriva dagli anni che abbiamo, ma da quante parole ci sono che incominciano con noi, noi lettere intendo,-
La guardo, in effetti se ci penso sul vocabolario alla lettera H ci dovrebbero essere poche parole.
- Prendi il vocabolario, – mi dice Acca – ti faccio vedere.
Vado nello studio perché adesso la curiosità è tanta e sul mio vecchio Zingarelli del 1970 Acca mi fa vedere le sue tre pagine di parole che scompaiono rispetto a quelle delle sue sorelle. Però ci sono anche lettere come la J, la K, il W, la X e la Y, che hanno meno parole di Acca.
- Loro hanno l’aspetto di bambine di 6-10 anni. – mi spiega Acca.
- Ho capito.-
- Quando perdiamo parole diventiamo più piccole, sembriamo più giovani, invece quando ne acquisiamo sembriamo più adulte.-
- Va bene. Scusa per la mia curiosità.-
- Oh, non ti preoccupare, va bene così. Sai non ho molte occasioni per parlare con gli esseri umani.-
- Cosa ti è successo di tanto grave da voler parlare con me? –
- Una cosa orribile, non mi sono mai sentita tanto … umiliata e offesa …- e il labbro inferiore comincia a tremare, dagli occhi le scorre una lacrima che … ha la forma di una piccola acca minuscola ‘h’.
Le prendo le mani per evitare un’alluvione di ‘h’.
- È tutta colpa del tuo amico.-
- Un mio amico! Ma quale? Conosco tante persone!-
- Un tuo amico che scrive tanto.-
Penso: Enzo…lui scrive, legge tanto, ma soprattutto scarica files da internet. Paolo scrive poco, legge meno perché lui guarda solo le figure. Giovanni scrive poco, bene, ma la sua passione sono i bersaglieri. Antonio scrive, non molto, legge tanto e adora le Fattorie su internet. Giuseppe scrive parecchio, brevi messaggi su internet, ma tutti corretti. Filippo scrive, ma soprattutto disegna ed è pure tanto bravo, mi piacerebbe avere un centesimo della sua bravura…
- Già, proprio lui, Filippo.-
- Cosaaa!!! Ma come?! E dove soprattutto?!-
- Oh mi ha mancato di rispetto … davanti a tutti … su internet! Mi vergogno tanto! – e Acca scoppia in lacrime.
- Acca, piccola mia – la abbraccio mentre continua a singhiozzare.
- Sul suo blog … mi ha dimenticato … mi ha offeso.-
- Ma tesoro, sei sicura? -
- Si, sono sicura … controlla se non mi credi… sono piccola, ma non sono bugiarda.-
- Ti credo, Acca. Vediamo insieme.-
Accendo il computer, entro in internet, vado sul blog di Filippo e purtroppo nelle ultime righe del post del 23 settembre, proprio dove parla di me, manca un’acca, una piccola ‘h’ minuscola che ha lasciato un vuoto che sembra una voragine. Capisco di colpo la tristezza, il senso di umiliazione di Acca.
- Filippo non l’ha fatto apposta, Acca.-
- Non è vero!-
- Guarda tu stessa, leggi tutto il testo, ha sempre usato l’acca e l’ha usata bene!-
- No, non è vero. Si è scordato di me! –
- Ma scusa, tu sei venuta da me perché sapevi che ci conosciamo…. Perché quando Filippo scriveva non glielo hai detto subito?-
- Ho provato, ho tentato, ma lui non mi ascoltava, non mi vedeva nemmeno, gli ho perfino … tirato la barba per farmi notare. Ma lui si è solo grattato la guancia.-
Acca è a capo chino, triste, non piange nemmeno.
- Cosa vuoi che faccia? – le chiedo.
- Correggi l’errore su internet.-
- Non posso, tesoro mio, non posso modificare il suo blog.-
- Ma allora …-
- Però posso dirglielo, magari glielo diciamo insieme.-
Acca si illumina: - Davvero?! Davvero tu faresti questo per me?-
- Si, Acca, lo faccio!-
- Oh, sono così felice, me lo avevano detto le mie sorelle che sei tanto brava con la penna!-
- Già. Qualcuno l’ha detto anche a me.-
- Sei una maga … di più sei una fata!-
- Va bene, va bene, modera l’entusiasmo, dobbiamo pensare a come dirlo a Filippo, magari con un racconto. Ma per ora voglio fare qualcosa per te.-
In maniera misteriosa vado alla mia scrivania, prendo una penna un po’ speciale, mi avvicino alla collanina di Acca e con la mia stilografica aspiro la scritta e poi scrivo qualcosa nell’aria; la collanina si ricompone.
Acca si guarda allo specchio e legge. – Hacca.-
- Così avrai una parola in più, il tuo nome!-

Bellissimo!

Da.B.

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